Nella primavera dell’anno 1809, i Marinai Anziani Manara Salvatore, Rochino Luigi, Risso Giuseppe e Beruto Giuseppe, iscritti nei ruoli degli ufficiali di navigazione di medio e piccolo cabotaggio, prendevano a esercitare le funzioni di Piloti locatieri nel porto di Savona e nella rada di Vado, istituzionalizzate con Decreto n. 32, dato da Napoleone, Imperatore dei Francesi, ad Astorga, il 3 gennaio 1809. Concorreva nel servizio di pilotaggio, quale Aspirante, il giovane Nervi Gian Battista. La loro sede era allocata nella Torre della Quarda, che Gilles Sansoni, Maire de la Ville, aveva concesso in uso.
Tutti quanti erano stati selezionati dall’Assemblea Locale per l’Amministrazione del Porto tra la gente di mare che nel corso di annoso esercizio della navigazione di cabotaggio aveva avuto modo di prendere conoscenza della orografia costiera e dei fondali viciniori ed, in forza della pratica acquisita, di assistere, a richiesta dei Comandanti, il naviglio che approdava o salpava o dava fondo nella rada.
L’evento segnava la desuetudine del servizio di pilotaggio reso in maniera occasionale e discontinua dai pratici locali, responsabilizzati dalla mera pattuizione fiduciaria e aleatoria, di volta in volta statuita con gli Armatori o i Comandanti che li rappresentavano. Ad esso subentrava il servizio erogato dai Piloti locatieri, la perizia dei quali restava assicurata dall’Amministrazione, che ne garantiva l’impiego continuativo e ne ordinava l’operato.
Il rapporto che da allora prese ad intercorrere tra l’Armatore e il Pilota assunse, ope legis, la natura di contratto proprio, in forza del quale l’uno si impegnava a corrispondere il compenso nella misura tariffata e l’altro a raggiungere l’imbarcazione a distanza utile e, responsabilizzato agli effetti civili e penali per atti di eventuale imperizia o negligenza, ad assistere il Comandante nelle manovre di entrata e di uscita dal Porto o di accosto in rada, fornendo le indicazioni necessarie ad evitare secche, basse e scogli affioranti, ad ordinare la velatura e disporre il timone in funzione della rotta residua e dell’inerzia, del vento fluente e delle correnti costanti o mutevoli che, di volta in volta, avrebbero potuto distrarre il naviglio dalla percorrenza sicura delle acque di riviera.
A mutare nella primavera di quell’anno venne soltanto la natura legale del servizio di pilotaggio.
Rimasero immutate le funzioni erogate nel suo esercizio, delle quali ebbe a dare la sintetica, ma significativa, descrizione Lodovico Ariosto, che, nella versione definitiva di Orlando furioso, nel 1532, nel Canto XXIII, all’Ottava XVI, tratta dell’inizio del volo che avrebbe portato Astolfo sulla Luna, a cavallo dell’Ippogrifo, per recuperare l’ampolla contenente il senno perduto da Orlando, impazzito per l’amore non corrisposto da Angelica: “Salito Astolfo sul destrier volante / lo fa mover per l’aria lento lento; / indi lo caccia sì, che Bradamante / ogni vista ne perde in un momento: / così si parte col pilota innante / il nocchier che gli scogli teme e il vento; / e poi che ‘l porto e i liti a dietro lassa, / spiega ogni vela e innanzi ai vènti passa.”
In quell’Ottava è dato reperire la originaria attestazione del termine “pilota” nella lingua italiana. Ad essa chiosa l’Abate Gioacchino Avesani, nell’edizione veneziana dell’Opera, da lui curata nel 1823, “Pilota è quel pratico che sta ne’ porti di accesso pericoloso e che vien noleggiato da’ padroni di navigli stranieri per essere condotti ad approdare con sicurtà di non romper a gli scogli o arrenare ne’ banchi. Qui certo sembra che il pilota sia uno che d’in su la prora, o in uno schifo rimorchiato, preceda e segni la via al naviglio.”
Nulla di più congruente con la situazione del porto di Savona avrebbe potuto riferire l’Abate.
Ancora agli inizi dell’Ottocento, Gilbert Chabrol de Volvic, Prefetto del Dipartimento di Montenotte dal 1806 al 1812, rammenta in Statica: “Oggi non resta, al posto dell’antico Porto, che un porticciolo commerciale, in verità perfettamente sicuro, ma che richiede grandi lavori di manutenzione perché i mercantili possano entrarvi e trovarvi riparo.”
Erano allora trascorsi oltre duemila anni da quando il Porto di Savona entra nella storia, in forza della citazione di Tito Livio che in Ab Urbe condita, XXVIII, 46, narra come, nell’anno precristiano 205, il condottiero cartaginese Magone Barca, dopo aver assalito per la via del mare Genuam, federata con Roma, ed averla distrutta e depredata, rinvia la flotta a difendere Cartagine, “Sauone oppido Alpino praeda deposita et decem longis nauibus in statione ad praesidium relictis”.
I venti secoli che da allora trascorrono, sono segnati dall’impegno strenuo, gravoso e incessante nel quale gli abitanti si profondono per evitare l’interramento del Porto ad opera dei detriti e delle sabbie riversate in mare ad oriente dal torrente Sansobbia e ad occidente dal Letimbro.
Fino a quando Savona ebbe a restare libero Comune le imponenti opere di banchinamento, di costruzione dei moli e di dragaggio periodico delle arene avevano assicurato al Porto la congruenza dei fondali con il pescaggio dei navigli che vi facevano scalo, nell’ambito dei traffici fiorenti e delle redditizie operazioni commerciali, e l’avevano portato a competere, per dimensioni e strutture, con lo scalo genovese.
Nel 1525 trova conclusione l’epoca comunale e avvio la dominazione della Repubblica di Genova, segnata dall’interramento del Porto con massi, terriccio e detriti di ogni sorta e dalla distruzione dei moli, che riducono l’area praticabile al bacino di ridotte dimensioni residuato nella Darsena, producono l’abbassamento dei fondali e rendono l’imboccatura malagevole. Da allora inizia l’inerzia forzosa dell’Amministrazione cittadina, cui la Repubblica dominante impedisce qualsiasi intervento di ripristino e di manutenzione del Porto, fatti salvi gli sporadici e irrilevanti lavori autorizzati a seguito degli estenuanti e umilianti ricorsi che vengono di continuo rivolti al Senato. Tale situazione perdura per quasi tre secoli e riduce lo scalo a mero approdo del naviglio di cabotaggio costiero, il cui accesso vien reso mano a mano difficoltoso dal perdurante deposito di materiale alluvionale e dai modesti risultati che si ottengono nel rimuoverlo.
Il degrado della struttura portuale trova rimedio soltanto agli inizi dell’Ottocento, in forza dei provvedimenti assunti da Gilbert Chabrol de Volvic, Prefetto dell’Impero Francese, per il dragaggio e il ripristino delle misure di contenimento delle arene. Questi, attento osservatore, descrive come la posizione e l’orografia del Golfo ne garantiscano l’ottimale riparo dai venti e dalle mareggiate e “Resta quindi poco da fare per rendere il porto perfettamente sicuro, e se in passato si sono costruite delle opere, è stato solo per evitare gli interramenti: perché la sabbia portata dai torrenti, entrava nel porto e pian piano lo ostruiva, come si può vedere nel tracciato circolare delle vie che circondano la darsena”.
I Marinai Anziani savonesi che nella primavera del 1809 prendono servizio quali Piloti locatieri si trovano ad operare nel Porto che i recenti interventi hanno reso praticabile dal naviglio di medio e di grande cabotaggio, ma devono usare tutta la loro perizia nello stimare il pescaggio e l’inerzia dei bastimenti e nel dirigerne le manovre, affinché quelli di piccolo e medio tonnellaggio, che vi possono accedere in sicurezza, e quelli di tonnellaggio maggiore, che possono soltanto accostare per effettuare le operazioni di carico e scarico mediante chiatte e pontoni, evitino le secche e le basse che residuano ancora nell’avamporto e non siano portati ad incagliarvisi sulla spinta dei venti e delle correnti.
Gli eventi che portarono alla istituzione del servizio di pilotaggio nel Porto di Savona affondano le radici nel secolo XVII, segnato dalla massiccia progressione dell’epoca coloniale.
In concorrenza con il Regno delle Spagne e con il Regno del Portogallo, che nel secolo precedente avevano acquisito ampi possedimenti nell’area meso e sudamericana, le Nazioni che si affacciano sull’Oceano Atlantico, il Regno di Francia, la Repubblica delle Province olandesi e il Regno d’Inghilterra, danno avvio ad imponenti operazioni di esplorazione e di conquista, finalizzate allo sfruttamento di territori esotici, che esitano nella costituzione di imperi coloniali nelle Indie Occidentali e nelle Indie Orientali. Gli interessi economici, che fino ad allora avevano gravitato sulle rotte di cabotaggio del Mediterraneo e del Baltico, si spostano, implementandosi in maniera repentina, sulla navigazione atlantica e prendono ad essere motivo di bellicosa concorrenza, a scapito delle ragioni dinastiche che nei secoli precedenti avevano ispirato le guerre degli Stati europei.
L’evolvere degli eventi induce le Nazioni a fondare la propria potenza militare, assicurata fino ad allora dagli eserciti, sulle flotte di navi possenti, veloci, ben armate e idonee, per approvvigionamento e propulsione, alla lunga percorrenza. Da tale contesto non resta affatto estranea l’esigenza di disporre per la navigazione oceanica di bastimenti commerciali, strutturati nella stazza per far fronte ai maggiori eventi tempestosi ed essere capienti di mercanzie di ogni genere e quantitativo, armati di cannoni e presidiati da drappelli militari, che possano difendere le imbarcazioni e i loro preziosi carichi dagli attacchi di navi belligeranti o corsare e dai moti aggressivi delle popolazioni indigene ostili.
Nel Seicento prendono a solcare i mari il galeone, che merita al Regno di Inghilterra la incontrastata supremazia marittima, sebbene se ne dotino pure le marinerie concorrenti, ed il vascello, evoluto dal galeone mediante le innovazioni apportate dagli armatori francesi, che lo rendono leggero, veloce e manovriero. Nel secolo successivo la cantieristica navale, ormai nobilitata in scienza, sintetizza le esigenze militari e commerciali nelle fregate, nei brigantini e nei velieri, e ne sottrae la costruzione all’estro ed alla perizia dei maestri d’ascia, per riservarla alla attenta progettazione. Il valore economico e funzionale del naviglio maggiore si incrementa in misura significativa, soprattutto quando fa ritorno dalle Indie carico di preziose mercanzie esotiche.
La stazza e l’armamento, che tutelano le navi nel corso della navigazione oceanica, vengono tuttavia ad incrementare del pari i rischi connessi al cabotaggio iniziale o finale e alle manovre di entrata e di uscita dai porti, situati di consueto o prossimi alla foce dei fiumi, che riversano sui fondali materiale alluvionale, battuti sovente da venti e correnti mutevoli, ingombri del naviglio in sosta nella rade od accostato a banchine e pontili, non ancora ammodernati nella dotazione strutturale e logistica. Si pone pressante l’esigenza di garantire la sicurezza della navigazione rivierasca dei grandi bastimenti militari e commerciali e della loro movimentazione all’interno dei porti. Diviene abituale avvalersi in tali frangenti dei pratici locali, marinai che, in forza della conoscenza e dell’esperienza acquisita nel corso di annosa navigazione di cabotaggio, fungono da piloti estemporanei e assistono i Comandanti nelle manovre.
Sono i prosecutori delle funzioni che nel diritto romano erano ritenute di tale rilevanza da far sentenziare ad Ulpiano, giureconsulto del secolo II:
“Si magister navis sine gubernatore in flumen navem immiserit, et adverso casu temperare non potuerit, et navem perdiderit, vectores habebunt adversius eum ex locato actionem”.
Il rapporto pattizio che di volta in volta viene ad intercorrere tra i pratici locali e i Comandanti che li assoldano resta tuttavia a lungo carente di legittimazione positiva. Nel dirimere le controversie che insorgono in ordine alle prestazioni di pilotaggio e alla loro remunerazione, le Magistrature portuali pronunciano, fino al secolo XVI, sulla scorta dei criteri consolidatisi per consuetudine in epoca medievale e codificati in Consolato del mare, in uso nei porti mediterranei, e in Roles di Oléron, in uso sulle coste baltiche. Le norme iscritte in ambedue i Codici sono formulate tuttavia in maniera disomogenea e approssimativa, tradotte nelle lingue d’uso in modo eterogeneo e impreciso, viziate di volta in volta da omissioni e aggiunte estemporanee, suscettibili di interpretazioni arbitrarie e discriminatorie. Incombe l’esigenza di disporre di norme statuali che, in forza di positiva vigenza, adeguino il diritto marittimo e commerciale alla situazione affatto mutata del naviglio, delle rotte, dei porti e degli scambi. Non sortisce in tal senso effetti innovativi l’iniziativa di Enrico II di Valois Angoulême che, con l’Editto dato nel 1556, impegna le Magistrature portuali di Francia a pronunciare nei giudizi, in ottemperanza alle norme iscritte in Guidon de la mer, codice degli usi marinareschi che, compilato da ignoto giurista, si ispira in maniera pedante a quelli in uso e ne traduce vizi e carenze.
A promuovere l’ordinamento organico e complessivo della navigazione è il Regno di Francia. Jean Baptiste Colbert, funzionario ed economista alla Corte di Luigi XIV, dal 1669 preposto al Ministero della marina alla cui istituzione egli ha indotto il Sovrano, si propone di portare la Nazione a concorrere con gli Stati europei che traggono dalla navigazione internazionale potenza e benessere e avvia imponenti operazioni di espansione coloniale ed efficaci interventi di potenziamento della marina militare e commerciale. In tale contesto produce l’Ordonnance de la marine, promulgata dal Re nell’agosto del 1681, nella quale codifica, attualizza e articola le norme che disciplinano la pratica della marineria.
Si tratta del Codice della navigazione, cui si sarebbero ispirate nel tempo le Nazioni nella formazione dei Codici di diritto marittimo. Del Livre IV, che detta norme De la police des ports, costes, rades et rivages de la mer, il Titre III istituzionalizza le funzioni Des pilotes lamaneurs ou locmans, ossia il servizio di pilotaggio nei porti e nelle rade, statuisce i requisiti che ne consentano la qualificazione, ne regolamenta l’operato e le retribuzioni e li responsabilizza agli effetti civili e penali nei casi di imperizia, di imprudenza e di negligenza.
Il decesso di Colbert, avvenuto nel 1683, interrompe l’attuazione delle disposizioni dell’Ordonnance e neppure i suoi successori riescono nell’intento di ottenerne il perfetto compimento. La Francia di Luigi XIV riversa in quegli anni le proprie risorse nel potenziamento dell’esercito ed entra in stato di perdurante belligeranza con le altre Nazioni europee per ragioni religiose e dinastiche. Ne esce esausta nelle finanze e indebolita nella dotazione militare. Questo malgrado, il successore Luigi XV prosegue nelle iniziative bellicose che esitano nella Guerra dei sette anni, dalla quale la Francia esce sconfitta e privata dei possedimenti coloniali americani e assai ridotta di quelli atlantici e orientali. Sebbene Étienne François de Choiseul, Ministro degli affari esteri dal 1758 al 1770, si prodighi nel ricostruire la flotta militare e mercantile, la marineria francese non torna in grado di competere con quella inglese e diviene oggetto di sostanziale disinteresse dei Governi che da allora si succedono.
Al potenziamento ed alla riorganizzazione dell’esercito e della marina il Governo viene indotto dall’atteggiamento aggressivo che le Nazioni europee conservatrici assumono dal 1789 nei confronti della Francia, nella quale i moti rivoluzionari minano l’assolutismo ed esitano, nel 1791, nell’istituzione della Monarchia costituzionale, regnante Luigi XVI.
Nell’ambito delle radicali riforme promosse nel settore amministrativo ed economico, l’Assemblea Nazionale, riconosciuta la rilevanza dei servizi di pilotaggio nella movimentazione del naviglio militare e commerciale nei porti e nelle rade, adotta, il 20 giugno 1792, il Decreto che istituisce nei distretti marittimi l’ Assemblea locale, composta da giudici del tribunale di commercio, da ufficiali comunali, dal comandante del distretto, da rappresentanti degli armatori, dei capitani di commercio e dei piloti locatieri o, in loro mancanza, dei pratici locali, e incaricata di individuare i porti e le rade nei quali occorra istituire il servizio di pilotaggio e di dimensionarlo, di tariffare, in funzione del pescaggio e del tonnellaggio dei bastimenti, i compensi per le prestazioni rese e di adottare il regolamento che, mediante disposizioni d’ordine e di polizia, assicuri il regolare svolgimento del servizio. Il Decreto viene ratificato il 15 agosto successivo dal Consiglio esecutivo provvisorio, subentrato nell’esercizio al Re, imprigionato con l’accusa di alto tradimento a seguito dell’infelice tentativo di fuga conclusosi a Varennes nel giugno precedente.
Gli eventi successivi impediscono tuttavia che il Decreto possa trovare tempestiva attuazione. La radicalizzazione democratica, che nel 1792 porta alla proclamazione della Repubblica dei Francesi, squassa la Nazione al suo interno con le lotte tra le fazioni rivoluzionarie, le repressioni sanguinose e la guerra civile. Si perpetua, con alterne fortune, la belligeranza intrapresa dal 1792 contro l’Impero Asburgico ed il Regno di Prussia e dall’anno successivo contro la Gran Bretagna, il Regno di Spagna e i Principati italiani e tedeschi. Sebbene gli eventi bellici abbiano consentito la definitiva annessione del Belgio e l’occupazione della Renania, la Francia si trova agli inizi del 1796 nel pieno disastro economico.
Per porvi rimedio, il Direttorio, facendo leva sul nazionalismo repubblicano, riprende la guerra contro l’Impero. Emerge in quel contesto il generale Napoleone Bonaparte, che, divenuto Imperatore nel 1804, intraprende le operazioni militari che avrebbero valso all’Italia il nuovo assetto istituzionale.
Mentre ancora è impegnato a Milano nell’organizzare la struttura amministrativa del Regno d’Italia, del quale il 26 maggio 1805 viene incoronato Sovrano. trova modo di dare il Decreto n. 816 del 6 giugno 1805, con il quale sancisce l’annessione di fatto della Repubblica Ligure all’Impero dei Francesi, ne suddivide il territorio nei Dipartimenti di Genova, di Montenotte e degli Appennini e istituisce sulla costa il Septième Arrondissement cui prepone il Prefetto Marittimo. L’annessione viene formalizzata dal Senato-consulto organico n. 1093 del 8 ottobre dell’anno medesimo.
Nel 1808 viene annesso all’Impero anche il Reame d’Etruria, quale Dipartimento del Mediterraneo, e in forza del decreto n. 67 del 30 maggio, l’amministrazione del distretto marittimo di Livorno entra nelle competenze della Prefettura di Genova.
La Liguria e la Toscana si trovano ad essere interessate in maniera immediata dalla imponente azione riformatrice che Napoleone Bonaparte intraprende in ordine all’amministrazione, al diritto civile, penale e commerciale e all’economia. In tale contesto viene ad inserirsi il Decreto n. 2074, dato al quartiere imperiale di Posen il 12 dicembre 1806, in attuazione al decreto dell’ Assemblea Nazionale del 20 giugno 1792, che istituisce le Assemblee locali incaricate di organizzare il servizio di pilotaggio nei porti e nelle rade. Il Decreto Imperiale sancisce le procedure di istituzione del servizio, i requisiti utili alla qualificazione e le procedure di selezione dei piloti locatieri, ne ordina l’operato, ponendoli alle dipendenze dell’Amministrazione militare, ne individua in dettaglio le funzioni e l’impiego, li responsabilizza ad ogni effetto, mandando ai tribunali competenti di decidere in materia civile, correzionale e criminale, fissa i criteri ai quali devono attenersi gli organi preposti alla tariffazione dei compensi.
Sollecitata dal Prefetto Marittimo Daniel Lescallier e convocata dal Sottocommissario di marina che da questi dipende in Savona, il 25 e il 26 gennaio 1808, nella Sala di rappresentanza del Palazzo Comunale, si riunisce l’Assemblea Locale incaricata di produrre il Regolamento e le tariffe per il servizio di pilotaggio nel Porto di Savona.
E’ costituita da Egidio Sansoni, Sindaco, Maurice Robin, Sottocommissario di Marina, Luigi Canepa e Carlo Muzio, Giudici del Tribunale civile, in sostituzione dei membri del Tribunale di commercio non ancora costituito, Gian Battista Nervi e Agostino Aliberti, Armatori di Savona, Lorenzo Oxilia e Stefano Manara, Capitani di commercio, in sostituzione dei Piloti non ancora attivati. Il Regolamento licenziato si compone di dodici articoli, che fissano in cinque il numero dei Piloti locatieri da impiegarsi nel Porto di Savona, dei quali quattro effettivi ed uno aspirante (art.1), prescrivono le procedure cui l’aspirante deve attenersi per assistere o sostituire gli effettivi (art.2), impongono ai piloti di esercitare il servizio per turnazione (art.3) e di dotarsi di proprie imbarcazioni per raggiungere i bastimenti in rada (art.4), li assoggettano alla sorveglianza degli Ufficiali della marina militare competenti (artt.5 e 6), vincolano i Comandanti dei bastimenti all’immediata corresponsione dei compensi (art.7), a tariffa intera, a fronte delle manovre di entrata, e dimezzata, a fronte di quelle d’uscita (art.8), gravata comunque da compenso aggiuntivo quando si avvalgano del pilotaggio per la navigazione di riviera (art.9), riservano ai Piloti locatieri il diritto di erogare le prestazioni loro proprie (art.10), di esigere compenso aggiuntivo quando siano trattenuti a bordo per oltre ventiquattro ore (art.11), di concedere in uso le loro imbarcazioni ai bastimenti in sosta, a fronte di corrispettivo (art.12).
Il Regolamento viene integrato da ulteriori due articoli, per sancire, nell’uno, che i bastimenti al di sopra delle ottanta tonnellate di stazza non sono obbligati ad avvalersi del servizio di pilotaggio e, nell’altro, che i Piloti devono attenersi in ogni caso alle disposizioni del decreto imperiale del 1806 e prenderne accurata conoscenza. Le Tariffe sono fissate per il naviglio minore in misura crescente in funzione del pescaggio e in misura unitaria per i bastimenti di tonnellaggio compreso tra le sessanta e le ottanta tonnellate, in ogni caso ridotta per le imbarcazioni nazionali e per quelle militari francesi.
Il 10 febbraio successivo, per il tramite del Sottocommissario di marina di Savona, il Sindaco trasmette copia del Verbale della sessione dell’Assemblea Locale al Prefetto Marittimo Alain Joseph Dordelin, nel frattempo subentrato a Lescallier e trasferito nella sede di La Spezia, il quale convoca il Consiglio d’Amministrazione del Settimo Dipartimento Marittimo, il 20 ottobre, con l’incarico di esaminare e di coordinare i Regolamenti e le Tariffe per i servizi di pilotaggio proposti dalle Assemblee Locali di Genova, Porto Maurizio, Alassio, Savona, Chiavari, La Spezia e Livorno. La documentazione, ritenuta conforme al decreto imperiale del 1806, viene trasmessa al Ministro della Marina e delle Colonie, il Conte Denis Decrès, che promuove l’istruzione degli atti utili alla formazione del decreto imperiale di approvazione, presso la Sezione della Marina del Consiglio di Stato.
Su proposta del Presidente di Sezione, il Conte Joseph Antoine Ganteaume e del Consigliere Relatore, Conte Benoît Georges de Najac, il Consiglio di Stato, riunito in sessione generale il 16 novembre, approva il progetto di decreto e lo sottopone alla ratifica dell’Imperatore, impegnato nella Spagna settentrionale nel reprimere, con alterne fortune e frequenti insuccessi, i moti indipendentisti.
Napoleone Bonaparte, al Quartier Generale di Astorga, il 3 gennaio 1809, approva il decreto imperiale n. 32, concernente Réglement et Tarifs pour le Service du pilotage dans les Ports et havres du Septième Arrondissement Maritime, del quale il Ministro procura la tempestiva attuazione. Il Regolamento si compone di tredici articoli, il tenore dei quali non di discosta affatto da quelli dei Regolamenti proposti dalle Assemblee Locali, se non per l’integrazione di norme di ordine sanitario. Del pari sono recepite le Tariffe, che vengono unificate nell’intero Dipartimento, fatta eccezione per quelle particolari previste per il Porto di Savona e il Porto di Livorno.
Negli anni successivi gli interventi di risanamento del bacino portuale di Savona, promossi da Gilbert Chabrol de Volvic, Prefetto del Dipartimento di Montenotte, producono l’incremento dei traffici commerciali e aprono lo scalo all’accesso di naviglio di maggiore stazza. Nel contempo assume rilevanza la rada di Vado, nella quale danno fondo i bastimenti in attesa di accedere al Porto o di effettuare il carico e lo scarico delle merci mediante chiatte e pontoni. In tale situazione divengono inadeguati i criteri che hanno portato alla fissazione delle tariffe e del pari inadeguato il numero dei Piloti Locatieri. In forza dell’art. 41 del decreto del 1806, l’Assemblea Locale del Porto di Savona torna a riunirsi per proporre modifiche al decreto imperiale n. 32 del 3 gennaio 1809. Nella Sala di rappresentanza del Palazzo Comunale, convocati dal Sindaco Egidio Sansoni, il 3 dicembre 1811, convengono Maurice Robin, Sottocommissario di Marina, Gian Giacomo Peyrani, Agostino Aliberti e Gian Luigi Ricci, membri del Tribunale di Commercio, Lorenzo Oxilia e Stefano Manara, Armatori di Savona, Francesco Oxilia, Capo della Classe dei Piloti di commercio. Essi provvedono alla revisione delle tariffe di pilotaggio, che vengono incrementate nella misura e comparate al tonnellaggio della stazza del naviglio di qualsiasi dimensione. Riconoscono l’esigenza di istituire la Sezione di pilotaggio per la rada di Vado, mantenendo inalterato il numero dei Piloti operanti nel Porto di Savona. Propongono a tal fine che le funzioni di Piloti Locatieri siano esercitate nel Porto da Manara Salvatore, Rochino Luigi, Risso Giuseppe e Beruto Giuseppe, quali effettivi, e da Nervi Gian Battista, quale Aspirante, nella Rada da Cassaglia Agostino, effettivo, e Nervi Gioacchino, Aspirante.
Il 10 gennaio successivo, per il tramite del Sottocommissario di marina di Savona, il Sindaco trasmette copia del Verbale della sessione dell’Assemblea Locale alla Prefettura Marittima di La Spezia. La vacanza nella quale essa versa e soprattutto l’impegno dell’Imperatore che nel giugno del 1812 intraprende la Campagna di Russia, che si sarebbe rivelata disastrosa, riescono efficienti nell’impedire che l’iniziativa abbia seguito di ratifica.
Malgrado che il territorio della Repubblica Ligure venga annesso con la Restaurazione al Regno di Sardegna, il servizio di pilotaggio nel Porto di Savona e nella rada di Vado persiste nell’essere assicurato in funzione delle norme iscritte nel Regolamento approvato con decreto imperiale n. 32 del 3 gennaio 1809 e delle modificazioni apportate dall’Assemblea Locale nella sessione del 3 dicembre 1811. Nelle Regie Patenti del 30 dicembre 1814, che sanciscono l’annessione, Vittorio Emanuele I dispone infatti che “nulla parimenti si innovi rapporto alle leggi, ed ai regolamenti, che sono ora in osservanza, finché con piena, e matura cognizione possiamo deliberare sulle variazioni e modificazioni che crederemo opportuno di voler adottare”. Il Governo Sabaudo non riserva tuttavia grande attenzione al Porto di Savona, che, nel Regolamento per li Porti marittimi de’ Regi Stati, emanato il 24 novembre 1927 dal Re Carlo Felice, degrada nella seconda classe e affida alla sola amministrazione cittadina. In forza degli artt. 74, 75 e 76 del Regolamento, che disciplinano il servizio di pilotaggio, i Piloti pratici, subentrati ai Piloti locatieri, esercitano le funzioni loro proprie nella struttura che mano a mano diviene inagibile ai bastimenti di grosso tonnellaggio e bisognevole di opere di ristrutturazione e ampliamento.
La situazione migliora quando gli Amministratori savonesi, valendosi del diritto di petizione alle Camere, sancito dallo Statuto, sostenuti dalle province piemontesi limitrofe, che abbisognano del Porto per l’esercizio dei loro traffici, inoltrano dal 1848 ricorsi e petizioni per ottenere i finanziamenti necessari alle riparazioni. Le operazioni di dragaggio delle arene e di ripristino dei moli e delle banchine consentono all’erudito savonese Carlo Gaetano Baffico di scrivere nel 1853 che il Porto “forma una vera darsena contornata da ampie e belle calate comode allo sbarco e caricamento delle merci non che al carenaggio e riattamento de’ navigli”. Negli anni successivi trova repentino sviluppo in Savona l’industria siderurgica, meccanica, chimica e manufatturiera, che produce il consistente aumento del traffico portuale, nella importazione delle materie prime e nella esportazione dei prodotti lavorati, e la sua internazionalizzazione, che apre le rotte con i porti europei e americani. Si costruiscono magazzini e depositi, si potenziano i moli e le banchine e si prende a progettare la costruzione della Nuova Darsena. Il Porto viene a meritare la qualificazione di prima classe, riconosciuta dal Codice per la navigazione mercantile, approvato con Regio decreto 25 giugno 1865 n. 2360 e riformato in Testo Unico con Regio decreto 24 ottobre 1877 n. 4146. Ulteriore riconoscimento viene dall’insediamento della Capitaneria di Porto, per effetto del Regolamento di applicazione del Codice, approvato con Regio decreto 20 novembre 1879 n. 5166. Il servizio di pilotaggio trova in quell’anno la definitiva istituzione con il Regio decreto 5 dicembre 1886 n. 4201, che approva il Regolamento per il servizio di pilotaggio nel Porto di Savona:
- Art. 1 – E’ istituito nel Porto di Savona un corpo di piloti pratici composto di dodici compreso il capo pilota.
- Art. 2 – I piloti presteranno una cauzione di L. 1200.
- Art. 3 – Il pilotaggio sarà facoltativo tanto all’entrata quanto all’uscita pei bastimenti di qualunque nazione.
- Art. 4 – La mercede dovuta ai piloti pratici, e comune ai bastimenti così a vela come a vapore, è stabilita a sei centesimi per ogni tonnellata netta di registro e non potrà essere inferiore alle L. 15 come non potrà eccedere le L. 65, qualunque sia la portata del bastimento pilotato. Il tonnellaggio netto sarà desunto dalle carte di bordo.
- Art. 5 – I piloti pratici dovranno essere provveduti almeno di due barche di dimensioni non inferiori alle seguenti: lunghezza metri 7,30, larghezza metri 2,10, altezza metri 0,81.
- Art. 6 – I piloti pratici saranno obbligati ad attendere i bastimenti alla distanza di due miglia almeno dalla punta del molo delle casse nella zona compresa fra Zinola a ponente e il Capo Celle a levante. In questa zona si dovranno lasciare i bastimenti pilotati all’uscita del porto.
Non trascorrono neppure dieci anni e il servizio di pilotaggio nel Porto di Savona entra nella normativa iscritta nel Regolamento generale per il servizio dei Piloti pratici, approvato con Regio decreto 31 marzo 1895 n. 1564. Esso ne segna l’istituzionalizzazione che produce in oggi i suoi effetti.